Incontriamo oggi, per la rubrica dedicata al nostro Comitato Scientifico, la dott.ssa May El Hachem, responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Dermatologia Pediatrica del Bambino Gesù che è un centro di riferimento in Italia per la Sindrome SW e per tante altre malattie rare cutanee e anomalie vascolari.
Può spiegarci qual è la specificità di un’unità complessa di dermatologia?
Si tratta di un approccio multidisciplinare alle malattie rare o complesse della pelle che ci permette di garantire un’assistenza più appropriata ed efficace ai bambini. Per ogni patologia abbiamo infatti sviluppato negli anni, grazie anche al supporto della Direzione Sanitaria del nostro ospedale, équipe specifiche con specialisti dedicati di varie discipline (quindi non solo dermatologi) che cooperano con noi per la presa in carico a 360° dei piccoli pazienti. Noi al Bambino Gesù adottiamo questo approccio da più di 20 anni perché da quando nel 1987 sono arrivata qui in ospedale ho fortemente creduto nell’importanza di offrire ai bambini affetti da malattie rare dermatologiche e ai loro genitori un centro capace di dar loro indicazioni terapeutiche anche sulle problematiche correlate agli altri organi compromessi dalla patologia. L’équipe multidisciplinare prevede oltre ai medici anche una psicologa, un fisioterapista e personale infermieristico adeguatamente formati, che hanno un ruolo molto importante nella cura del paziente.
Da cosa è nata questa sua consapevolezza dell’importanza di offrire ai pazienti un centro multidisciplinare dermatologico sulle malattie rare?
All’inizio degli anni ’90 entrai in contatto con alcune Associazioni di Malati con malattie rare cutanee che lamentavano il fatto di doversi affidare a più specialisti, spesso in ospedali e località differenti, ciascuno dei quali si occupava di un singolo aspetto della patologia. Il paziente finiva per essere disorientato perché non aveva un quadro clinico chiaro e unitario della sua malattia e del percorso terapeutica da seguire. Un équipe multidisciplinare richiede comunque un coordinamento per fornire al paziente una conclusione di tutte le indagini e visite eseguite e programmare il successivo piano di cura. Insieme alla Presidente dell’Associazione che mi contattò all’epoca abbiamo sviluppato il centro dedicato e notando l’efficienza e la soddisfazione dei pazienti stiamo estendendo il modello organizzativo a diverse malattie progressivamente. Personalmente, ho sempre creduto fermamente nell’importanza di ascoltare le esigenze dei pazienti!
Ritiene quindi sia importante che le famiglie con familiari affetti da una sindrome rara si costituiscano in una Associazione?
Assolutamente è fondamentale che diano vita ad un’Associazione che riunisca i malati e/o che ne diventino soci, ma è altrettanto fondamentale che si crei un rapporto di collaborazione tra queste Associazioni e i centri di riferimento per la patologia! A noi specialisti possono infatti sfuggire aspetti che invece sono importanti per la qualità della vita e il benessere di un malato e della sua famiglia. L’Unità Operativa di Dermatologia del Bambino Gesù fa parte di due network europei detti ERN (ERN Skin, dedicata alle malattie rare delle pelle, e VASCERN, dedicata alle anomalie vascolari rare), che hanno proprio come obiettivo quello di offrire un’assistenza sempre più equa ed adeguata ai pazienti affetti da malattie rare. L’Associazione dei pazienti costituisce inoltre un riferimento ed un confronto alle famiglie con una nuova diagnosi.
Può farci qualche esempio concreto?
In qualità di membro del coordinamento di ERN SKIN posso dirvi che questo network europeo si sta impegnando nei paesi europei affinché non ci siano disparità territoriali e i pazienti di ogni regione possano avere accesso alle cure in centri specializzati. Il percorso è complesso, ma ci stiamo mettendo molte energie! A giugno del prossimo anno si svolgerà a Parigi un convegno mondiale organizzato da ERN SKIN e dal gruppo Genodermatosi della “Fondation René Touraine” di cui sono il Presidente del Comitato Scientifico in cui coinvolgeremo medici giovani per promuovere una nuova generazione dedicata alla malattie rare, aziende farmaceutiche per sensibilizzarli ai farmaci orfani. Inoltre , un membro del Comitato Scientifico del congresso è una Presidente di un’Associazione di pazienti e sono previsti incontri delle varie Associazioni. L’obiettivo del congresso è infine di diffondere le conoscenze e di sensibilizzare la comunità scientifica sulle malattie rare e di fare il punto sui progressi fatti per garantire le migliori cure sanitarie possibili ai pazienti.
Quindi lei si occupa di malattie rare cutanee sia a livello clinico ospedaliero sia da un punto di vista della ricerca scientifica con colleghi europei?
Sì, inoltre sono anche la Presidente della Società Italiana per lo Studio delle Anomalie Vascolari (SISAV) che dal 2012 riunisce in una comunità scientifica tutti gli operatori professionali che si dedicano alla ricerca, diagnosi e cura delle anomalie vascolari tra cui la Sindrome Sturge Weber. La SISAV ha già elaborato le Linee Guida Nazionali per la gestione delle anomalie vascolari comuni e rare, li ha anche aggiornate quest’anno e sono state approvate dall’ISS (Istituto Superiore di sanità); al capitolo sulla sindrome SW, ha partecipato l’Associazione dei pazienti ponendo e trattando un quesito specifico e hanno contribuito anche gli specialisti del Comitato Scientifico dell’Associazione.
Veniamo proprio alla SW di cui sono affetti i nostri familiari. Anche per questa nostra malattia rara adottate un approccio multidisciplinare al Bambino Gesù?
Sì e ci tengo a raccontarvi un aneddoto in merito perché è proprio grazie a una paziente che si rivolse a noi per una consulenza dermatologica legata al Dye-laser che sviluppammo poi un’équipe specifica sulla SW. Questa ragazzina era infatti seguita da più ospedali: uno per il glaucoma, un altro per l’aspetto neurologico, ma alla famiglia non fu mai spiegata la patologia e non venivano loro pianificati i controlli necessari, pertanto il follow-up della bambina diventava stressante e talvolta inadeguato, infatti non fu riferita al dye laser precocemente come dovrebbe essere! Per fortuna negli ultimi anni , anche altri centri italiani hanno attivato una gestione multidisciplinare.
Come valuta il rapporto con noi famiglie dell’Associazione?
Ho accolto con grande entusiasmo la proposta di entrare a far parte del Comitato Scientifico SW perché la vostra Associazione, pur giovane, è dinamica, vivace e molto attiva nel suo impegno a favore dei pazienti. Ciò si evince dall’organizzazione di incontri e convegni scientifici e per le famiglie (purtroppo bloccati dalla pandemia), la creazione di un Comitato Scientifico multispecialistico, la decisione di istituire il Registro Nazionale in collaborazione con l’ISS, un traguardo davvero fondamentale nell’ottica poi della costituzione di registri europei. Infine da non trascurare l’iniziativa del bando per l’attivazione di progetti di ricerca. Colgo l’occasione per ringraziare i membri del vostro direttivo per essere riusciti a creare un ottimo canale di comunicazione tra i pazienti e noi medici: è fondamentale che i medici ascoltino i bisogni dei pazienti e delle loro famiglie ed è altrettanto importante che anche i malati e i loro familiari capiscano le difficoltà con cui ci scontriamo malvolentieri a livello pratico e burocratico.
A cosa si riferisce?
Penso ad esempio alla questione del dye laser che in alcune Regioni non è nemmeno coperto dal SSN (Sistema sanitario nazionale), essendo considerato un trattamento a fine estetico. Noi medici che ci occupiamo di SW sappiamo bene quali siano i risvolti psicologici della malformazione capillare e l’impatto sulla qualità di vita dei pazienti, ma siamo tenuti ad adeguarci alle normative. Speriamo che con la collaborazione tra specialisti e Associazione di riuscire a fare pressione sugli organi decisori perché rivalutino la questione. Questa è proprio l’ottica con cui la Commissione Europea ha dato vita ai network sulle malattie rare!